Per Le Divelec la filiera non può prescindere dalle aggregazioni

Per Le Divelec la filiera non può prescindere dalle aggregazioni

C’è un certo made in Italy manifatturiero che nei prossimi anni non può prescindere dalle aggregazioni. Ne è convinta Micaela Le Divelec Lemmi, ex CEO di Salvatore Ferragamo e oggi consulente di impresa, che fa una distinzione. Un conto sono le opzioni a disposizione di un grande brand, che magari ha la capacità di rilevare il proprio fornitore. Altro sono quelle dei marchi piccoli e medi, che devono necessariamente attuare strategie diverse. Oggi più che mai, con l’aumento dei costi e degli investimenti per essere al passo con le sfide del mercato, aggregarsi rappresenta spesso l’ultima chance.

Chi può prescindere dalle aggregazioni?

Dal palco del convegno del Foglio della Moda (Novara), Le Divelec (nella foto, d’archivio) ha affrontato il tema della filiera produttiva italiana. A suo dire la capacità di adattamento produttivo al contesto variegato rappresenta la sfida del made in Italy dei prossimi due anni. Le Divelec distingue, dicevamo, le opzioni accessibili ai grandi brand da quelle dei medi e piccoli, che connotano il tessuto italiano. “Il modello in cui il grande brand è capofila di una filiera è efficace, coinvolge i fornitori e integra la logistica a monte e a valle – spiega –. I piccoli marchi devono investire molto nella visibilità e riconoscibilità. Dovranno fare affidamento sul network di fornitori e terzisti” per ottenere i più alti standard di specializzazione e qualità. “La parola chiave per quest’ultimi e per molte realtà produttive italiane sarà flessibilità” afferma la manager.

 

 

Economia di scala

Le aggregazioni, dunque, sono sempre più una necessità per le aziende. Perché? I costi per la digitalizzazione, la sostenibilità, lo sviluppo tecnologico si sommano oggi al caro energia e al rincaro dei prezzi della materie prime. “Tramite l’aggregazione si mettono a fattore comune le competenze – continua –. Si concretizzano da un lato in una verticalizzazione attuata dai gruppi del lusso che acquistano i propri fornitori. Dall’altro in operazioni di aggregazione condotte da fondi di investimento per creare piattaforme di terzisti altamente specializzati in grado di dialogare con i marchi”. (mv)

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