Presentazioni. Livelli di produzione. Rapporto con la clientela, che compra diversamente, è vero, ma che continua a fare shopping. La moda attraversa una rivoluzione: gentile, ma pur sempre una rivoluzione. Per Tory Burch (foto a destra, tratta dal suo profilo Instagram) sta cambiando tutto. C’entra la pandemia da Coronavirus, of course, che ha accelerato alcuni processi già in corso e ne ha messi di nuovi sul tavolo. Ciò che conta, spiega la designer statunitense che ama i materiali italiani (come nel caso della borsa nella foto a sinistra, tratta da toryburch.it) è che il fashion system risponda in tempo e colga le istanze di cambiamento.
Sta cambiando tutto
Burch parla con il New York Times al termine della Fashion Week della Grande Mela. E spiega come il suo rapporto con le settimane della moda stesse cambiando già prima di febbraio. “Stranamente, prima della pandemia avevo deciso di non portare in passerella questa stagione – racconta –. Stavamo lavorando all’apertura del negozio in Mercer Street a New York. Ho pensato che sarebbe stato davvero interessante tornare alle origini del marchio con un evento in store di un giorno dove chiunque potesse fermarsi. È una riflessione sulla storia e anche sul prodotto, semplice, di qualità e da presentare in un modo più personale”.
Fino al cliente
Ecco, il tema della presentazione al cliente porta al tema dei consumi. Tra lockdown e social distancing, le occasioni per sfoggiare capi d’alta moda non abbondano. E le occasioni per lo shopping? “La gente veste in maniera casuale – risponde Burch –, ma va notato che le persone rimangono interessate a comprare, in maniera trasversale alle categorie. Non so cosa fanno, ma so che fanno acquisti”. Regalarsi un bell’accessorio è anche un modo per scappare dalle ristrettezze del periodo: “Anche se si vestono per Instagram o piccoli party – continua –, guardano alla moda in un modo che li aiuti ad allargare gli orizzonti”.
Questo cosa vuol dire
Tory Burch, parlando di prodotti migliori e più personali, ci gira intorno. Ma veniamo da mesi di riflessioni sul rapporto tra lusso e dinamiche del fast fashion. Quando il NYT la sollecita sul tema della “overproduction”, la stilista riconosce che c’è bisogno di un riallineamento. “Non si parla abbastanza della sovrapproduzione – è la sua posizione –. Quando penso alla sostenibilità, penso che tutti dovremmo farne la nostra priorità. È uno sforzo erculeo, ma è quello che dobbiamo fare come industria. Le donne ragionano differentemente quando entrano in un negozio. Non credo pensino più voglio qualcosa che indosserò una volta soltanto. Non è moderno”.
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