Secondo Indec, l’istituto di statistica argentino, nel 2016 il consumo di scarpe e accessori nel Paese latinoamericano è diminuito di oltre il 30% su base annua, vale a dire un ammanco pari a circa 28 milioni di calzature invendute o neanche più prodotte. Alberto Sellaro, presidente dell’associazione nazionale dei calzaturieri, definisce la congiuntura come “terribile”: stando al leader dell’organizzazione industriale, la capacità d’acquisto degli argentini si è indebolita al punto che anche “el dìa de las Madres” (terza domenica di ottobre, festività molto sentita in Argentina) si è rivelato un “non evento”. La congiuntura di debolezza sta generando tensioni commerciali con il Brasile, che trova in Buenos Aires il secondo mercato di esportazione per le proprie scarpe. Secondo una nota che Abicalçados, l’associazione dei calzaturieri brasiliani, ha provocatoriamente titolato “L’Argentina ha deciso di darci dolori di testa”, la dogana bairense starebbe volutamente ritardando la concessione delle licenze agli operatori carioca per ostruirne l’arrivo sul mercato locale. Ma è l’intera filiera della pelle argentina a soffrire i morsi della crisi. Rallenta l’industria della carne: a settembre il conferimento di bovini è stato di 950.000 capi, vale a dire -13% su base annua e -8% rispetto al mese di agosto. Hanno influito le agitazioni sindacali, ma ancor di più il calo della disponibilità, in un contesto che il presidente del Consorzio di Esportatori Argentini, Mario Ravettino, definisce “di grave crisi”. Malgrado il calo delle macellazioni, secondo Sauer Report il prezzo della materia subisce tensioni al ribasso a causa delle locali concerie, che chiedono sconti e tempi più lunghi per i pagamenti. (rp)
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