Caroline Rush (nella foto), numero uno del British Fashion Council, ha spiegato che il servizio è stato concepito innanzitutto per giovani designer e brand emergenti, quelli che più di tutti hanno bisogno di uno strumento per esplorare la mappa della moda britannica. E, d’altronde, lo sviluppo del progetto è avvenuto all’interno del programma Positive Fashion, teso alla formazione e alla diffusione dell’imprenditorialità. Ma è difficile non leggere nel British High-End Manufacturers Database, il portale presentato ieri che mette in contatto griffe, stilisti e manifatture inglesi, un riflesso della riorganizzazione del sistema moda londinese. Al progetto con BFC hanno collaborato la Oxford University e la British School of Fashion della Caledonanian University. Se all’orizzonte si profila un equilibrio europeo per il quale per i brand inglesi risulterà più caro produrre nel Vecchio Continente, tanto vale che sappiano come arrangiarsi in casa.
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