I prezzi medi dei beni di lusso in Cina sono del 20% più alti che nel resto del mondo. A Pechino un prodotto Balenciaga costa il 25% in più che a Parigi, mentre un articolo di Armani anche il 70%. Lo sostiene una ricerca firmata Exane Bnp Paribas sul costo di 4846 capi alto di gamma distribuiti su scala globale. Se la Repubblica Popolare è prima in classifica (con Hong Kong terza), nelle prime quattro posizioni compaiono altri due mercati asiatici (Giappone e Corea del Sud), mentre USA e Russia occupano rispettivamente la quinta e la sesta posizione. A determinare i listini più alti nelle boutique cinesi, oltre che le strategie delle griffe, ci sono anche le imposte e i dazi che i brand occidentali affrontano nel Paese orientale, cui si sommano i costi di distribuzione e gli adeguamenti monetari. Lo scenario, però, sembra destinato a cambiare. Mentre sullo sfondo pesa l’influenza dei Daigou, rivenditori informali di prodotti originali, il 2016 ha segnato l’inversione di tendenza e il ritorno alla spesa dei consumatori cinesi in patria. Già l’attuale report di Exane fotografa che, mentre la forbice tra i prezzi medi sugli altri mercati asiatici e quelli praticati in Italia e Francia si è ampliata, a Pechino è rimasta stabile. In futuro potrebbe restringersi. Perché? Per conquistare la nuova classe media cinese, interessata ai prodotti di lusso, ma che si informa sul prezzo.
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