I gilet jaunes continuano a condizionare la vita dei francesi. L’ultimo stravolgimento in ordine temporale determinato dalla protesta dei “gilet gialli” è la rivoluzione del calendario Paris Fashion Week Uomo, dove Dior che anticipa la prima sfilata firmata Kim Jones da sabato 19 a venerdì 18 senza rendere nota la location, mentre Loewe ed Hermès seguono l’esempio sospendendo lo show e rinviandolo a una data non ancora comunicata. Le ricadute sono di immagine, ma anche economiche, e si vanno ad aggiungere alle pesanti contrazioni registrate durante la stagione natalizia. In Francia, come nel resto del mondo, in questo periodo dell’anno si genera circa il 30% delle vendite annuali: le manifestazioni dei gilet jaunes hanno spinto da un lato la maggior parte dei francesi a rinunciare allo shopping, mentre le griffe, tra cui grandi gruppi come Kering, hanno preferito tenere chiusi i negozi sia nel weekend natalizio sia nel primo di saldi. Secondo Le Figaro, il periodo conclusivo del 2018 è stato uno dei peggiori di sempre per l’abbigliamento e durante le sei settimane di sconti i prezzi della merce scenderanno sensibilmente per consentire di liberare gli importanti stock di magazzino accumulati e invenduti. Alcuni dati ipotizzano fatturati in calo di una percentuale compresa fra il 4 e il 6%, per alcuni player anche del 7 secondo alcune agenzie indipendenti, mentre l’Institut français de la mode annuncia una contrazione del 2,7% in undici mesi mentre – come vi raccontavamo solo pochi giorni fa – l’Alliance du Commerce (grandi magazzini e abbigliamento/calzature) annuncia perdite che vanno dal 25 al 35%. E le vendite online? Per quanto positive, e per quanto il Black Friday di novembre abbia funzionato, i numeri registrati dall’e-commerce sembrano non riuscire a sostenere i cali registrati dal settore nei negozi fisici. Il presidente della Federazione nazionale dell’abbigliamento, Éric Mertz, attraverso le pagine del quotidiano francese è arrivato a dire che “il 2018 ci riporterà a un colossale declino, simile a quello del 2009, all’inizio della crisi”. Una situazione che il governo fatica a fronteggiare e che spaventa i grandi gruppi, i quali guardano con attenzione anche alle modifiche alle leggi finanziarie introdotte dall’Eliseo, al punto che Bernard Arnault starebbe pensando di far uscire Christian Dior dal mercato finanziario. A sostenerlo è l’agenzia di stampa Reuters, secondo cui la scalata dell’uomo più ricco di Francia sarebbe legata a questa volontà: l’anno scorso Arnault deteneva il 94,2% di Dior, appena al di sotto della soglia del 95% necessaria per vantare il diritto di acquisto sulle azioni residue in seguito alla promozione di un’offerta pubblica di acquisto totalitaria, il cosiddetto “squeeze out”. Anche se le nuove leggi in materia finanziaria orientate a rendere la Francia più attrattiva agli investitori stranieri non sono ancora state approvate, per Reuters il magnate francese potrebbe compiere il passo prima che il governo le sottoscriva: negli ultimi mesi Arnault ha infatti completato altre acquisizioni e ad oggi deterrebbe il 96,5% di Dior. Ben oltre la soglia per il de-listing del brand. (art)
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