Hazaribagh è una bomba (sociale) a orologeria: conciatori contro il governo e operai senza garanzie

Che il Dipartimento bengalese per l’Ambiente abbia deciso di porre, una volta per tutte, la parola fine alla storia del distretto conciario di Hazaribagh è una buona notizia . Che i bottali abbiano finito di girare nel sobborgo alle porte di Dacca, però, non vuol dire che il problema sia risolto del tutto. Anzi, da ambientale diventa sociale. Il 12 aprile, quando una manifestazione congiunta dell’associazione delle imprese e dei sindacati ha attraversato le strade della città, se n’è avuto un primo assaggio. I conciatori, stando a quanto riporta la stampa locale, accusano le autorità bengalesi, che hanno accelerato (si fa per dire) il trasloco a Savar rifiutando di rimandarlo al prossimo autunno, di voler “distruggere il comparto”. I lavoratori, una cifra difficilmente definibile composta da 20.000 assunti e almeno altri 25.000 precari e addetti dell’indotto, lamentano di essere soli davanti alle incertezze. Come racconta il Daily Star, la ripresa delle attività a Savar può richiedere mesi e non è detto che tutti saranno ricollocati. Intanto, il problema del lavoro nero fa sentire i propri effetti: anni di impiego senza contratto privano molti dei sussidi che altrimenti gli spetterebbero. In più c’è il paradosso dei servizi: tagliando luce, acqua e gas alle concerie, le autorità hanno privato delle utility anche le abitazioni civili del distretto.

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