“Non una sorpresa, ma una delusione”. Matt Priest, presidente e ceo di FDRA (associazione statunitense dei produttori e distributori di scarpe) non ha preso bene la mossa di Donald Trump. Che il neopresidente USA avesse nel mirino TPP, l’accordo di libero scambio tra Washington e 11 Paesi dell’area del Pacifico, era cosa nota. Ma ora che l’ostilità si è trasformata in un decreto che chiude definitivamente il tavolo dei negoziati, per la scarpa USA è il momento del disappunto: “Per anni un Congresso repubblicano e una Presidenza democratica hanno lavorato all’obiettivo – commenta Priest in un comunicato stampa –. Adesso perdiamo un’occasione di quelle che capitano una volta nella vita”. Il danno non è solo morale: la calzatura statunitense perde benefici per 500 milioni di dollari l’anno e vantaggi fiscali per 6 miliardi in una decade, “con danni per i consumatori e il livello occupazionali negli States”, conclude Priest. Il timore dei calzaturieri, oltretutto, è che l’addio al TPP (dove siedono stati chiave come Giappone e Vietnam) si riveli un assist per la Cina. Pechino sta negoziando con 16 Paesi di Asia e Oceania il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), accordo che instaura una macro-area di libero scambio dalla quale gli USA sono esclusi. Gli imprenditori dell’industria della carne nono sono più sereni dei colleghi della calzatura. L’USMEF (Meat Exporters Federation) con una nota conferma “l’impegno con i partner dei Paesi TPP”. Insieme a Canada e Messico, membri dell’area NAFTA (l’accordo di libero scambio del Nord America, anche questo da ridiscutere secondo Trump), rappresentano la destinazione “del 60% della carne statunitense”. Un’escalation delle tariffe doganali, spiega USMEF, rappresenterebbe “un serio svantaggio competitivo” che la carne USA non può permettersi. Entra nel dettaglio il North American Meat Institute (NAMI): “La nostra carne consumata in Giappone crea lavoro e gettito fiscale che permette di costruire scuole e strade e pagare poliziotti negli USA”, scrivono in una nota. In alternativa al TPP, allora, NAMI auspica accordi bilaterali di libero scambio tra Washington e i partner più importanti. Chissà se a Trump interessa. (rp)
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