“L’Italia è il polo mondiale di eccellenza per la pelletteria. Ma abbiamo bisogno di due salti di qualità: dobbiamo aggregarci, quindi fare filiera, e certificare questa eccellenza”. Ornella Auzino è l’imprenditrice alla guida di Rica, azienda con sede operativa a Casoria (Napoli) nata nel 2011 per sviluppare produzioni conto terzi. Negli anni successivi, Auzino ha fondato Le mie borse, progetto con il quale supporta le startup della pelletteria.
I due salti di qualità
Qual è l’andamento del mercato?
Siamo in ripresa, ma attendo che ci sia un suo consolidamento. Di positivo c’è che si sta valorizzando il prodotto bello e ben fatto. Di negativo, rimangono la difficoltà causata dalle restrizioni Covid in fatto di relazioni: queste avvengono a distanza e non di persona. Dinamiche che incidono sul mercato.
Quali prospettive?
Il settore è in trepida attesa di quello che accadrà questo inverno, in particolare in Cina e USA. Anche alcuni brand temporeggiano nelle decisioni e negli investimenti. La sensazione è che ci vorrà ancora un anno per vedere un mercato ben delineato e più strutturato.
Qual è l’importanza che attribuisce a Mipel Lab?
Mipel Lab può colmare proprio quelle difficoltà di relazione con i brand a cui ho accennato. Essere presente in una vetrina come Mipel Lab e avere la possibilità di catturare clienti che non producevano in Italia aumenta le mie prospettive. Ma non mi aspetto risultati immediati. Ed è importante che un settore prevalentemente offline si mostri online, al fine di trovare altri mercati e altre dinamiche attraverso strumenti digitali con cui tutti dobbiamo prendere maggiore dimestichezza. Mipel Lab è una sorta di digitalizzazione di gruppo.
Qual è il punto di forza del sourcing della pelletteria italiana?
Il problem solving. In Italia riusciamo a risolvere ogni problema e abbiamo una risposta per tutto. E oggi le generazioni più giovani, anche per soddisfare le richieste della clientela, sono più attente alla sostenibilità, fattore che fino a qualche anno fa non era considerato così importante. Il che equivale ad una scuola di legalità.
E il suo punto di debolezza?
A volte siamo molto lenti nell’adeguarci a mercati e dinamiche nuove, ma soprattutto il settore ha poca voglia di esporsi. Le aziende pensano ancora un po’ troppo al proprio orticello anziché a fare squadra e avviare una relazione costruttiva di settore, con una grande impresa o un gruppo.
Un esempio?
Parlo di contratti di filiera e di certificazione di filiera. In questo modo diventeremmo un valore aggiunto spendibile per il cliente, che potrà dire al consumatore finale in quale regione realizza i propri prodotti. (mv)
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