Toccare con mano il reshoring nell’ambito della pelletteria? Un esempio concreto arriva da Arzano, in provincia di Napoli. È quello di P. & C. a cui sono arrivate produzioni che alcuni suoi committenti realizzavano all’estero. Ciò ha contribuito all’ascesa dell’azienda fondata nel 2002 dalla famiglia Giaquinto: il padre Gennaro con i suoi figli Paolo e Claudio (nella foto). Proprio quest’ultimo, in questa intervista, ci racconta come Covid ha cambiato il modo di pensare (e di fare) e di come Mipel Lab (il nuovo salone del sourcing che debutta il 22 settembre all’interno di Lineapelle) sia un progetto di grande significatività per il processo di aggregazione del settore.
Così è cambiato il modo di fare strategie
Qual è l’attuale trend di mercato?
Il primo semestre 2021 si è chiuso sopra le aspettative: +30% sul 2019, complice l’accelerazione pre-estiva impressa dai brand committenti. Per la seconda metà dell’anno siamo in attesa di valutare le vendite realizzate durante l’estate.
E le prospettive?
Se guardo i risultati del primo semestre sono confortato. Ma, se nel periodo estivo le vendite non sono andate come nelle previsioni, potremmo andare incontro a un rallentamento delle commesse. Questo perché è cambiato il modo di fare strategie. Se ieri erano basate più sulle previsioni, oggi sono molto più legate ai risultati ottenuti. Tutto è più rapido, più “just in time”. Un cambiamento che potrebbe sembrare una criticità e noi abbiamo saputo ribaltare in una opportunità. Covid ci ha dato la possibilità di guardare il mercato con lenti differenti.
Mipel Lab e il valore del reshoring
Quale significato attribuisce a Mipel Lab?
Per noi l’obiettivo primario non è quello di catturare nuovi clienti quanto dimostrare e comunicare che ci sono eccellenze anche in Campania. Ci ha affascinato il fatto che a Mipel Lab ci sia una trasversalità di competenze con aziende provenienti da diverse regioni. Considero Mipel Lab un’aggregazione a tutti gli effetti.
Quali sono i punti di forza della pelletteria italiana?
Sicuramente il know-how. Mi risulta che in questo momento molte maison top luxury e altri marchi dell’alto di gamma stiano trasferendo la produzione in Italia. Il famoso reshoring oggi è realtà. Noi ne siamo un esempio.
Può dirci di più?
Tre nostri clienti, che qualche anno fa effettuavano la produzione per il 60% all’estero (materiali compresi), oggi producono 100% in Italia. E questo è un segnale importante per tutto il settore. È fondamentale farsi trovare pronti. Mi riferisco in particolare alla disponibilità di manodopera formata per poter garantire la qualità del made in Italy.
E le debolezze?
Gli investimenti non sono agevolati come dovrebbero, anzi… Sul fronte finanziario sarebbe opportuno detassare (o ridurre la tassazione) agli investimenti. Dall’altro lato, c’è la burocrazia che ritarda i progetti. Per esempio: se ricevo ordini consistenti e continuativi, progetto il necessario ampliamento dell’azienda. Ma se gli adempimenti burocratici non arrivano in tempo, non potrò garantire il rispetto dei termini di consegna. Perderò l’ordine e l’ampliamento non serve più. Allo stesso modo parlo anche di certificazioni e di altri aspetti. (mv)
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