Per certi versi quello di Anya Hindmarch è un paradosso. Per il brand britannico della pelletteria la crisi era arrivata già prima del coronavirus. E per questo era stato già costretto a chiudere i negozi e a cambiare modello di business. Per questo Hindmarch, insomma, si era riposizionato prima degli altri e si è trovato più pronto quando è arrivata la pandemia. E per gli affari del brand, il 2020 è stato un anno “piacevole”.
Il paradosso di Anya Hindmarch
A raccontarlo è la stessa designer dalle colonne del Times. Hindmarch ha fondato l’azienda quando aveva 18 anni e vendeva borse da viaggio in pelle italiana ad amici. L’anno scorso il brand è stato venduto da Mayhoola for Investments, il fondo del Qatar proprietario anche della maison Valentino, alla famiglia Marandi. La fondatrice, che era rimasta nelle vesti di designer, è stata di nuovo chiamata a ricoprire il ruolo di CEO. Le difficoltà di bilancio hanno costretto la manager a prendere una sofferta decisione: chiudere tutti i 16 negozi rimasti in attività. Tre anni fa la rete di distribuzione contava su 46 store: ora è circoscritta a 5 boutique indipendenti. Il marchio ha intanto scommesso sul digitale.
Struttura leggera
Hindmarch ha sottolineato come, senza un retail fisico gestito in proprio, l’attività si fosse riorganizzata e ben posizionata per affrontare la pandemia. “È difficile perché ti senti perdente quando chiudi i negozi, ma era la cosa giusta da fare – ha confessato la stilista britannica –. Grazie a Dio abbiamo apportato questi cambiamenti lo scorso anno, perché se avessimo avuto molti negozi durante questa crisi sarebbe stato terrificante. Viceversa il 2020 si è rivelato invece un anno molto piacevole”. (mv)
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