La pelletteria italiana, come tutta la manifattura moda, è a un bivio. Perché, da un lato, il buon senso suggerirebbe di alzare i prezzi, wholesale o retail a seconda dei casi. I costi, d’altro canto, aumentano e non si può sacrificare troppo la marginalità. Dall’altro, però, il rischio è quello di perdere clienti. Cosa che, in un frangente del genere, quando cioè si viene da due anni di pandemia e si assorbono le conseguenze dirette e indirette del conflitto in Ucraina, non è il massimo. Alle griffe mondiali del lusso questo gioco riesce facile. Ai brand indipendenti molto meno.
Alzare i prezzi: sì, ma come?
La questione inevitabilmente si riflette nelle conversazioni in corso nei padiglioni di Mipel. Il salone della borsa e degli accessori è in corso a Fieramilano Rho (13-15 marzo) con Micam, TheOneMilano e Homi. “Abbiamo retto fino alla fine dello scorso anno – spiega Flaviano Frattari, titolare e designer di Loristella – e sicuramente ora non possiamo ritoccare i prezzi degli ordini già fatti. Ma da febbraio siamo intervenuti sui listini”. Come ha reagito la clientela? “Fin qui accettando i rincari”. Non c’è il rischio di perdere interlocutori? “Purtroppo sì, almeno in parte – risponde –. Ma è anche vero che così ci si può consolidare in una fascia più alta”.
Tra margini e relazioni
Il caro bollette, che si collega a quello del petrolio e quindi dei trasporti, è la grana principale. Sta angustiando la manifattura italiana già da tempo e ora minaccia di farlo ancora più gravemente. Tra pellettieri e negozianti è in corso un dialogo serrato: “Noi abbiamo le nostre ragioni – riconosce un espositore –, che comprendono. Anche loro, dobbiamo riconoscere, fronteggiano problemi simili”. È una sfida per equilibristi. Entro un certo limite, le imprese si sono dimostrate disposte a sacrificare la marginalità per non riversare subito sulla distribuzione i rincari. Ora c’è bisogno di una correzione in media del +5/10%.
Già, perché il mercato pesa
Il retail, più che altro, punta a guadagnare tempo: magari tra qualche settimana la situazione si è rasserenata. “In Europa c’è tanta voglia di fare, soprattutto in Germania – commenta Francesco Fontanelli, artigiano presso l’omonima pelletteria –. Ma i negozianti sono indecisi, aspettano prima di fare ordini”. Accade anche in Italia, come conferma Sandro Manzi di Ghibli: “Distribuiamo in vetrine di alto profilo, rivolte a un pubblico internazionale. Proponiamo un prodotto di nicchia in pelle esotica. Ma vediamo grande sfiducia”.
Leggi anche:
- Sulla fiducia della borsa italiana s’abbatte la paura della guerra
- Micam, Mipel e TheOne con 1.400 brand (e l’incognita russa)
- Mipel Lab, buona (anche) la seconda: feedback positivi a Lineapelle