Un brutto momento, anche se loro lo definiscono diplomaticamente “di transizione”. Dopo aver perso la corsa all’acquisizione di Kate Spade, brand concorrente passato sotto l’ombrello di Coach, Michael Kors fa i conti con un bilancio tutto in negativo. L’anno fiscale chiuso a fine marzo ha inchiodato i ricavi a 4,49 miliardi di euro (circa 4 miliardi di euro), sotto di quasi il 5% rispetto all’esercizio precedente. Rovinoso il down degli utili, passati da 837,7 a 551,5 milioni di dollari: -34,1%). Ancora peggio l’ultimo trimestre: -14,1% (calo superiore alle attese degli analisti, che ipotizzavano un -13,4%). Una depressione accentuata dalle linee guida aziendali che prevedono per l’anno in corso una conclusione ancora inferiore: 4,25 miliardi di dollari. Ovviamente, Wall Street ha risposto accentuando i dolori della griffe. Ieri il titolo valeva 33,18 dollari: nel 2014 era arrivato a valerne quasi 100. Dice John Idol (nella foto), CEO di Kors: “L’ultimo esercizio fiscale è stato sfidante”. La causa? “Un ambiente al retail troppo esposto a politiche promozionali, all’interno del quale, in più, nostri prodotti e la store experience offerta non hanno saputo attirare e stimolare i consumatori”. Un mea culpa di tutto rispetto, che Idol conclude annunciando che “nel prossimo esercizio getteremo nuove basi per tornare a crescere”. La prima mossa? Rivoluzionare il retail. Entro 24 mesi Kors dovrebbe tagliare fino a un massimo di 125 store.
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