“Cerchiamo aziende distressed, dove entrare in maggioranza e portare le nostre competenze gestionali. Anche scarpe. Non di filiera, ma brand con forte heritage e grande identità, ma stanchi. Non per forza italiani. Ci piacciono anche quelli francesi”. Marco Palmieri (a destra nella foto) CEO di Piquadro mette nel mirino la prossima acquisizione dopo il mancato acquisto di Sergio Rossi, confermando che il suo gruppo è ancora a caccia di brand. “Ci piaceva, ci abbiamo lavorato tanto, ci speravamo. Poi è arrivato un cinese e lo ha comprato” spiega Palmieri in questa intervista esclusiva, intervenuto ieri alla presentazione di Mipel Lab (a sinistra nella foto) all’interno di Pitti Uomo.
Normalizzare le anomalie
Come vede il mercato? Il “più grande” vince?
Il “più grande” sta vincendo, ma mi auguro che non vincerà per sempre. Nasceranno nicchie di mercato con prodotti più sofisticati, di ricerca, con più artigianalità. Tra un po’ di tempo, quando indosseremo tutti la stessa cosa, il consumatore cercherà qualcosa di più sofisticato.
Cosa la preoccupa di più?
La finanziarizzazione becera. Troppe volte il private equity entra nelle aziende senza avere le competenze corrette per governarle. Ha una visione di breve termine, innescando un meccanismo che non sempre produce valore, almeno nelle piccole aziende.
Di cosa ha bisogno il mercato?
Di normalizzare le anomalie dovute dalle asimmetrie tra domanda e offerta, anche a livello di filiera. Questo serve per creare valore al suo interno. E se la filiera guadagna si riproduce. Abbiamo bisogno anche di una vigilanza seria sulla concorrenza sleale.
Stato o non Stato
Il controllo di filiera deve essere fatto dallo Stato e/o dalle imprese?
Ci vuole un buon mix. L’imprenditore deve avere regole certe. Non si può delegare tutta la responsabilità del controllo all’imprenditore perché è complicato. Se è disonesto, in questo sistema ci sguazza. Se è onesto rischia di uscire dal mercato. L’imprenditore non può presidiare il laboratorio cui affida le lavorazioni.
Cosa vorrebbe dallo Stato?
Regole certe. L’imprenditore deve sapere cosa controllare. Lo Stato gli dice che deve controllare, ma non gli dice come e cosa. E questo vale anche sul tema della sostenibilità, in cui non ci sono parametri e non ci sono criteri.
Sostenibilità?
Ci faccia un esempio…
Le porto la mia esperienza. Abbiamo provato a fare un prodotto riciclato. Alla fine, ho chiesto ai miei collaboratori: cosa è esattamente riciclato e chi lo dice? Il prodotto è arrivato in negozio con un bel cartello: “La borsa è riciclata al 60%”, ma il cliente pensava fosse poco e non l’ha comprata. Gli altri non dicono i numeri. E non c’è una norma che ci dice “questo si può definire un prodotto riciclato e questo no”. Vogliamo parlare del bilancio di sostenibilità?
Prego…
Lo facciamo, ma spesso non ci sono obiettivi seri, mappati, certi, con dati da raggiungere. Ognuno dice la sua. Le aziende serie sono confuse, gli altri ci sguazzano. Dovremmo giocare tutti con le stesse regole.
Piquadro è a caccia di brand
Farà acquisizioni dopo che le è sfuggito Sergio Rossi?
Sergio Rossi ci piaceva, ci abbiamo lavorato tanto, ci speravamo. Poi è arrivato un cinese e lo ha comprato. A noi, in genere, la scarpa piace…
Nuovi obiettivi?
Con Piquadro siamo in cerca di qualcosa di sinergico, che ci crei più valore. Negli ultimi 4 anni abbiamo fatto due acquisizioni: The Bridge e Lancel. Abbiamo riorganizzato i marchi e li abbiamo resi più redditizi. Cerchiamo aziende distressed per entrare in maggioranza e portare le nostre competenze gestionali. Aziende che possono essere calzaturiere, che abbiano un brand con forte heritage, una precisa identità, ma stanche.
Italiane?
Non è detto. Anche francesi. Ci piacciono.
Anche di filiera?
No: cerchiamo brand. (mv)
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