L’incombenza su ogni cosa del coronavirus. Ma anche le prospettive digitali, la responsabilità di filiera, il ruolo dell’associazione e la possibilità di aggregarsi. Secondo 4 pellettieri la congiuntura della pelletteria italiana si dipana tra questi estremi. I dati presentati da Assopellettieri durante l’Assemblea online svolta oggi (5 novembre 2020) parlano chiaro. Nei primi 7 mesi del 2019 l’export valeva 6,1 miliardi: ora il dato risulta in calo del 29% in valore e del 23% in volume. Il ricorso alla cassa integrazione è (assai) maggiore di quello della crisi del 2009. La nota lieta della Corea del Sud (mercato che sale al terzo posto per rilevanza) si disperde, intanto, nella fotografia dei distretti uniti nella difficoltà. Per questo Assopellettieri ha deciso di dare voce a quattro protagonisti della borsa, ciascuno espressione di un territorio diverso.
La crisi secondo 4 pellettieri
Francesca Orlandi (Valentino Orlandi)
“Nelle Marche ci sono soprattutto piccole e medie imprese. Per loro il momento è delicato: il coronavirus si innesta sulla crisi precedente. È tempo di riduzione e riorganizzazione delle attività: ad esempio molte aziende si orientano al lavoro per le grandi griffe. C’è uno stimolo verso la digital transformation. Osservando lo scenario, però, si assiste non solo all’orientamento verso l’e-commerce. Il consumo si sposta anche verso le piccole boutique. Il mercato rivolge attenzione al prodotto di qualità e sostenibile. Ora serve la patente di prodotto sostenibile made in Italy, insieme a una campagna di comunicazione in Italia. Aggregazioni? Il motto piccolo e bello non è più valido. Per competere servono strategie comuni e integrazioni, anche con le associazioni. A settembre, ad esempio, abbiamo organizzato in cinque giorni una missione in Turchia per incontrare buyer russi. Le singole aziende, da sole, non ci sarebbero riuscite”.
Giovanni Guerriero (Guerriero Produzione Pelletterie)
“Il distretto napoletano ha subito una flessione minore rispetto ad altri, ma soffre comunque per il calo degli ordini. La pelletteria si deve riorganizzare per affrontare il periodo e, soprattutto, non perdere pezzi per strada. Sono in maggiore difficoltà i brand piccoli, per i quali è più oneroso il processo di riorganizzazione, mentre i più grandi ce la faranno. Anche noi dobbiamo fare attenzione alla nostra filiera, ai fornitori piccoli e grandi, per aiutarli in un frangente che per loro può diventare insostenibile. Fare aggregazioni significa fare economia di scala, investimenti congiunti. Abbiamo know how e risorse da proteggere, anche col sostegno delle istituzioni: proteggere loro significa proteggere il nostro futuro”.
Andrea Calistri (Sapaf Atelier 1954)
“I numeri in Toscana sono gravi, il ricorso alla CIG è enorme. Però ci sono anche investimenti delle griffe sul territorio, da ultimi quelli di Balenciaga e Louis Vuitton. La moda scommette sulla ripartenza. Ma il sistema delle piccole e medie imprese come reagirà? Nei prossimi anni sarà la digitalizzazione la leva della crescita. Il time to market è più stretto, mentre si assiste alla frantumazione degli ordini: tutto ciò avrà ripercussioni sul sistema industriale. Dobbiamo essere attentissimi al saper fare, ma crescere anche nel saper vendere, sia per chi ha brand proprio che per chi lavora conto terzi. Oltre alle aggregazioni servono sistemi che favoriscano la condivisione di progetti, idee, eccellenze. Come fatto da Fendi con Hand in Hand o da Dolce & Gabbana”.
Franco Gabbrielli (fondatore Gabs e presidente Assopellettieri)
“Abbiamo pochi strumenti per uscire dal tunnel. Il mercato interno, ad esempio. L’export a lungo è stato visto come più sicuro e redditizio. Ora quello italiano può dare sollievo, ma prima serve campagna pubblicitaria per sensibilizzare il cliente finale. La Cina è difficile da attaccare per una piccola impresa, così come il mercato digitale. Per questo è importante anche il ruolo di Assopellettieri, che può aiutare ad affrontare certi investimenti, così come a proporsi ai grandi brand e ad aprire i nuovi mercati”.
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