Colette non vedrà il prossimo inverno. Quando la sera del 20 dicembre i commessi della storica boutique parigina, da vent’anni sinonimo di moda e di lusso, abbasseranno la saracinesca, sarà per sempre. La ragione della serrata, comunicata dallo stesso concept store sul suo canale Instagram, non sarebbe dovuta a ragioni economiche, ma alla volontà della sua fondatrice, Colette Roussaux, di godersi la pensione, per così dire. Per subentrare nella gestione dello store, 740 metri quadri su tre piani in Rue Saint-Honoré, è in trattativa Saint Laurent. Molto più complessa è la paventata fine di Abercrombie & Ficht. Stop alle trattative per la cessione e crollo in Borsa. Dopo aver aperto in primavera a ipotesi di vendita o fusione, i manager del gruppo statunitense della moda e del retail, hanno deciso che, invece, possono farcela da soli con il piano di ristrutturazione già varato. Peccato che i mercati abbiano recepito la notizia come una dichiarazione di resa del gruppo, che viene da 17 trimestri consecutivi di contrazione del giro d’affari. Il titolo A&F venerdì ha perso il 21%, attestandosi sul valore di 8,8 dollari: venerdì ne valeva 13, un anno fa di questi tempi 20 e nel 2007, nel momento di massima gloria, a 87. Wall Street, insomma, ha già suonato il requiem per A&F. È un capitolo della storia della retail apocalypse, il crollo del mercato fisico statunitense (e non solo), incalzato da quello digitale e da una più ampia trasformazione dei consumi, che sta facendo collassare una fetta dell’economia a stelle e strisce. Anche a Boston, dove, dopo 40 anni di attività, il rivenditore di scarpe e abbigliamento The Tannery ha depositato in Tribunale la procedura di fallimento. Vendeva marchi quali Adidas, New Balance, Gucci, Lanvin, Dolce & Gabbana, Balenciaga, Valentino e Ugg. Se il Tribunale darà l’autorizzazione, la merce presente nei magazzini sarà venduta il 27 luglio con un’asta pubblica. (rp/mv)
Apocalypse retail: Colette chiude bottega, The Tannery pure, Abercrombie & Ficht rischia grosso
