Il problema è di metodo: il Comune di Milano, che ha scritto il bando per la gara, preferisce i soldi o la promozione del made in Italy? Non scivola affatto liscia come l’olio la mega-assegnazione a Saint Laurent di uno spazio commerciale in Galleria Vittorio Emanuele. Il secondo classificato, Moreschi, fa sapere di star scaldando gli uffici legali in vista di un possibile ricorso, il gruppo Luxottica (terzo arrivato) potrebbe accodarsi. A scatenare l’ira dei concorrenti, dicevamo, è il passaggio del bando dove si parla, tra i criteri previsti per l’assegnazione, dell’italianità del marchio da premiare: nelle intenzioni di Palazzo Marino c’era, almeno nominalmente, la trasformazione del negozio in “vetrina di eccellenza” di una griffe made in Italy per la sua “massima valorizzazione in un luogo simbolo della città”. La domanda che cruccia Moreschi, allora è: perché a vincere è stata una società sì italiana, ma espressione di un brand francese? Solo perché ha presentato un’offerta monstre? “Ci muoveremo con i nostri legali quando avremo accesso agli atti”, ha spiegato al CorrSera Francesco Moreschi, addetto al marketing della griffe. Questa storia non finisce qui.
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