Fare shopping non è un rischio per la salute: i negozi di moda sono sicuri. A sostenerlo è Carlo Federico Perno, docente di Microbiologia e Virologia presso l’Università degli Studi di Milano e direttore del dipartimento di laboratorio dell’ospedale Niguarda. Il professore ha spiegato a WWD che “la possibilità di essere infettati dal Coronavirus toccando un capo di abbigliamento in un negozio è molto bassa”. Nella stessa direzione vanno alcuni studi scientifici sulla sopravvivenza del virus sulle superfici. Informazioni fondamentali quando le attività commerciali stanno riaprendo, ma molte non sanno ancora quali saranno i protocolli sanitari da applicare.
I negozi di moda sono sicuri
Nell’intervista a WWD, Perno spiega che contrarre il Covid-19 provando un capo d’abbigliamento “è abbastanza improbabile”. “Può fondamentalmente succedere solo se un persona infetta e con un’alta carica virale, cioè qualcuno che ha sintomi forti – chiarisce – entra in un negozio. E tocca un prodotto con le mani sporche di secrezioni respiratorie. E se, quindi, solo alcuni minuti dopo un’altra persona tocca con le mani le secrezioni rimaste sul prodotto e poi si tocca la bocca, il naso o gli occhi“. Questo perché “il virus viene trasmesso quasi esclusivamente tra persone attraverso goccioline respiratorie” mentre “tutte le altre forme di possibile trasmissione sono decisamente minori”. Di conseguenza ci sono alcune condizioni, come l’umidità, un ambiente piccolo e poco arieggiato, che aiutano la sopravvivenza del virus. Allo stesso modo alcuni materiali piuttosto di altri. Secondo una ricerca condotta dal National Institutes of Health pubblicato sul New England Journal, e citata da WWD, il virus vive per 2 ore sul rame, 24 sul cartone, 48 sull’acciaio e 72 sulla plastica. In tutti i casi però la carica virale diminuisce drasticamente con il passare del tempo.
Aria sana e pulizie
“Penso che dovrebbe essere più importante concentrarsi sui camerini. Esistono prove scientifiche del fatto che il virus sopravvive nell’aria al chiuso – riprende il professor Perno –. Se un cliente infetto si prova qualcosa nello spogliatoio e dopo qualche minuto qualcun altro entra nello stesso spogliatoio, c’è una possibilità che il secondo cliente possa infettarsi“. Sarebbe quindi utile dotare i camerini di lampade a ultravioletti e strumenti per disinfettare l’aria, pratica che sta adottando la Rinascente con un team dedicato di operatori sulla base di un protocollo sviluppato con il Politecnico di Torino. In parallelo, Yoox Net-a-Porter ha elaborato una rigida procedura per ritirare e sanificare i resi, in modo da garantire la massima sicurezza a tutti i suoi dipendenti.
Il caso veneto
Intanto in Veneto, una delle Regioni che finora ha gestito meglio il contenimento dell’epidemia, si pensa a una possibile riapertura. Nel corso di un webinar organizzato il 7 maggio da Confcommercio Unione Venezia e Rovigo, il vicepresidente Gianluca Forcolin ha annunciato che la Regione ha chiesto al Governo di delegare alle amministrazioni regionali la decisione su cosa aprire già il prossimo 18 maggio. Tra le attività che potrebbero ripartire ci sono proprio i negozi di abbigliamento. Anche per questo motivo la partecipazione al webinar di Giorgio Palù, professore emerito all’Università di Padova, è stata fondamentale. Il docente (presidente uscente della Società Europea di Virologia) ha chiarito diversi aspetti sulla natura del Covid-19 e sulla sua diffusione, gettando un cono di luce in un mare di fake news. Parlando di tessuti, Palù ha spiegato che “secondo alcuni studi l’emivita del virus sulle stoffe è di 2 o 3 ore”. “Per cui se li mettiamo all’aria aperta una giornata intera – conclude il professore – non c’è il minimo rischio di rimanere infettati entrando in contatto“. (art)
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