Cosa frena i clienti dallo spendere di più nel second hand market

Cosa frena i clienti dallo spendere di più nel second hand market

Ci investono praticamente tutti, sia i brand che le piattaforme di distribuzione. Il gradimento, secondo i sondaggi, pare essere unanime. Il second hand market è vicino alla completa consacrazione, come vi raccontiamo nel numero 4 de La Conceria. Ma ha ancora un ultimo step da superare. È David Schneider, co-fondatore di Zalando (e-tailer che ha di recente varato il proprio servizio di resale) a spiegare quale.

Parola di Zalando

C’è una discrasia, a proposito di mercato dell’usato, tra quello che il pubblico vuole e quello che il pubblico effettivamente fa. “Da una parte riscontriamo un aumento significativo nella domanda — dice David Schneider, co-fondatore e co-CEO di Zalando, a L’Economia de Il Corriere della Sera –. Dall’altra vediamo un divario tra attitudini e comportamento di acquisto”. I numeri raccolti dal colosso tedesco, che nell’attività ha appena investito, parlano chiaro. “Una nostra ricerca condotta in cinque mercati europei, tra i quali l’Italia, evidenzia che il 61% dei consumatori ritiene che comprare vestiti di seconda mano sia un ottimo modo per fare acquisti sostenibili – continua –. Mentre il 49% pensa che i brand che offrono una sezione o un punto di vendita ad hoc aiutino ad agire in modo più sostenibile”.

 

 

Che cosa manca

Al mercato dell’usato manca l’ultimo salto di qualità. “Quando, però, si va a vedere qual è il comportamento reale dei consumatori – chiosa Schneider –, si vede che solo il 25% di loro acquista con regolarità prodotti usati. Alla domanda sul perché ci sia questa differenza tra intenzioni e abitudini, molti parlano della preoccupazioni per l’igiene e della mancanza di opzioni convenienti. Per questo una delle nostre raccomandazioni più forti rivolte alle aziende è di usare un linguaggio comprensibile”. L’ultimo step, insomma, spetta alle griffe.

Il trionfo del second hand market

Sul numero de La Conceria si mette il lettore sull’attenti. Il mercato dell’usato non è solo una proiezione, è una realtà. Lo dimostra l’attivismo dei grandi brand.  “Burberry a suo modo è stato il precursore: il brand inglese già nell’autunno 2019 ha siglato una partnership con TheRealReal perché la durevolezza dei suoi prodotti fosse pienamente sfruttata – si legge sul magazine –. Un anno dopo, Gucci ha seguito la stessa strada. Ma gli esempi si moltiplicano con ritmo quotidiano. Mentre i rumor sostengono che LVMH stia studiando come entrare nel settore, Mulberry e Alexander McQueen entrano nel programma Brand Approved di Vestiaire Collective”. Ancor di più, lo dimostrano gli investimenti, come “l’ingresso di Kering nel capitale proprio di Vestiaire Collective”, cosa che ha consentito alla valutazione della piattaforma di superare “il miliardo di dollari per la prima volta nella sua storia”.

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