A marzo l’esplosione della pandemia ha chiuso i negozi in tutto il mondo. Molti si sono detti certi che per i modelli di distribuzione basati sul brick & mortar sarebbe stato il colpo fatale. Invece il coronavirus non ha stroncato il fast fashion. Anzi, le insegne della moda veloce si sono dimostrate più resilienti del previsto. Gli analisti ne sono certi: la loro crescita non si interrompe.
Non ha stroncato il fast fashion
Nicolas Champ, analista di Barclays, parlando con il Sole 24 Ore si dice certo delle buone prospettive di Inditex e H&M. Il gruppo spagnolo, che gestisce tra gli altri Zara e Massimo Dutti, “continuerà ad avere buona performance, grazie al suo modello di business unico nel panorama retail europeo, che si basa su velocità di reazione ai trend e di produzione e una grande integrazione fra online e offline”. Gli svedesi, allo stesso tempo, manifestano “un grande potenziale di crescita sia geografica sia in termini di vendite e di margini – continua l’analista –, grazie ai prezzi più bassi rispetto al concorrente”. Le aspettative positive si traducono nei numeri. Secondo il Sole 24 Ore, Inditex ed H&M chiuderanno il 2020 rispettivamente a 20,9 e 28,2 miliardi di euro, per poi fare il +12,1% e il +9,1% nel 2021. Il tasso medio di crescita nei prossimi tre anni sarà, dunque, del 2,98% per gli svedesi e del 5,33% per gli spagnoli.
Cambiare per non morire
Certo, il fast fashion non ha retto l’urto del coronavirus solo perché è rimasto immobile nella sua forza. Lo ha fatto perché ha rimodellato i canali di distribuzione. Nei primi nove mesi del 2020 le vendite online di Inditex segnano il +74%, mentre quelle di H&M del +36%. Il processo impone sacrifici sul fisico. H&M programma 250 chiusure su 5.000 negozi nel 2021, mentre Inditex rinuncerà a più di 1.000 punti vendita su 7.400 entro il 2022. Ma senza che questo voglia dire rinunciare al ruolo strategico del negozio. Primark, ad esempio, ha inaugurato il suo 388esimo store il 27 novembre a Roma. E non si ferma qui: starebbe preparando l’approdo a Milano, mentre di recente ha aperto anche negli Stati Uniti e in Spagna.
Foto Imagoeconomica
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