Michael Kors Holdings Ltd. ha citato a giudizio uno dei giganti della distribuzione statunitense a basso costo, Costco Wholesale Corp. Il brand con base a New York accusa Costco di aver utilizzato una sua borsa durante una campagna pubblicitaria pur non avendo siglato alcun accordo di distribuzione. La causa è relativa a un’immagine utilizzata on line lo scorso 16 aprile, in occasione della Festa della Mamma. Costco avrebbe inviato una direct email ai clienti in cui includeva “tre borse, di cui una Kors, disponibili alla consegna per 99,99 dollari”. Nella email, a giudizio del brand newyorkese, venivano ritratte anche altre borse col caratteristico marchio del brand: MK. Nella citazione, i legali scrivono che “sono stati attratti clienti Kors in buona fede e convogliati verso Costco, sebbene il distributore di Washington non sia mai stato un rivenditore di borse Kors e al momento i suoi negozi non ne vendano”. Non è la prima volta che Costco inciampa in simili problemi. A febbraio Tiffany ha coinvolto il tribunale di New York affermando che Costco disponeva di anelli da fidanzamento col proprio marchio pur non essendo autorizzato; sei anni fa era stata la volta di YSL e di un suo profumo. Costco, in effetti, vende borse Kors e prodotti di altri marchi del lusso, acquistati da intermediari esteri che si riforniscono di stock “fuori stagione”. Cosa che, del resto, ha diritto di fare come decretato da una sentenza della Corte Suprema sul caso Costco-Omega dello scorso marzo. A Costco è stato infatti garantito il diritto di rivendere prodotti di lusso (o di noti stilisti) a prezzo ribassato, purché acquistati all’estero e originali, alla luce della norma denominata “first-sale doctrine”. (pt)
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