La produzione è debole, le importazioni sono bloccate, i consumi crollano e la speculazione impazza. Lo scenario della filiera della carne in Russia è intricata e la società olandese Rabobank prova a mettere i tasselli della storia in ordine. La premessa è che, a causa dei lacerati rapporti diplomatici con USA e UE, Mosca ha vietato (e rinnovato fino a tutto il 2017) l’acquisto di carne da Paesi strategici come Stati Uniti, Australia e Canada. Allo stesso tempo, però, anche le importazioni da altri stati produttori come il Brasile vanno giù (-57% in valore nel 2015). Il Cremlino sta portando avanti un fumoso piano di sostegno agli allevamenti nazionali, con l’obiettivo di rendere la Russia un Paese autosufficiente dal punto di vista della produzione della carne bovina. L’obiettivo, però, è ancora lontano: secondo le stime di Rabobank, ad oggi la filiera domestica riesce a soddisfare solo il 60% della domanda interna. Il risultato della situazione, cui si sommano le pressioni e le speculazioni sui prezzi, è che il consumo di carne in Russia nel 2016 è previsto in calo del 3,3%, per 1,9 milioni di tonnellate complessive (erano 2,7 nel 2007). Ciononostante, il Cremlino non ha intenzione di rivedere i rapporti commerciali con l’estero. Lo ha confermato la delegazione russa in visita a Lineapelle (Fieramilano Rho) lo scorso 22 settembre: il divieto di export di wet blue rimarrà in vigore fino a quando non sarà completo lo stesso piano di ripopolamento degli allevamenti cui si faceva prima riferimento. Sugli esiti dell’incontro tra i vertici UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria) e la delegazione russa potrete leggere un approfondimento sul numero 31 di Mdp-La Conceria, in distribuzione dal 5 ottobre. (rp)
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