Prima le buone notizie. Da qualche tempo si rincorrono segnali (raccolti da ICE-ITA Mosca e da Confartigianato Imprese Veneto, ad esempio) sulla ripresa del mercato del lusso in Russia. Ora ne arriva uno abbastanza dettagliato da parte di Exane Bnp Paribas e Contactlab, che nel rapporto “Luxury in Russia: the Comeback” rileva il giro d’affari moscovita per il 2016 in crescita del 5-10% rispetto all’anno precedente, per un turnover complessivo di 3,5 miliardi di euro (la Russia vale così il 5% del mercato mondiale). Secondo gli analisti, grazie al complessivo miglioramento delle condizioni dell’economia moscovita anche il 2017 sarà di segno più: si attende un’ulteriore crescita dello 0,5-1%. Stando al report, il problema ora è delle griffe: solo il 40% del campione preso in analisi, ad esempio, ha un piano di sviluppo per la Russia. La cornice istituzionale, come dal 2014 a oggi, complica lo scenario. L’Italia, in continuità col recente passato, continua a giocare il ruolo di Paese aperturista tra i falchi della Comunità Europea. Lo sforzo è apprezzato dalle parti del Cremlino, dove si è manifestata moderata soddisfazione alla nomina a Presidente del Consiglio di Paolo Gentiloni (nella foto). In Russia sono consapevoli che l’Italia è stata la prima a capire gli svantaggi delle sanzioni commerciali e a lasciare aperte le porte della collaborazione. Il leader russo Vladimir Putin, stando a quanto riporta l’agenzia Interfax, ha osservato come Gentiloni nelle vesti di Ministro per gli Affari Esteri del governo Renzi si sarebbe sempre dimostrato un sostenitore di relazioni «costruttive e reciprocamente vantaggiose» tra Mosca e Roma. Più difficile per il premier italiano è imporre quest’approccio in sede comunitaria. Volato a Bruxelles per partecipare al suo primo Consiglio Europeo, Gentiloni ha fatto valere la sua opposizione all’ipotesi di aggravamento delle sanzioni economiche alla Russia per i fatti relativi alla guerra in Siria (“È evidente che l’Ue non può avere una reazione automatica di fronte alle crisi e cioè quella di dare sanzioni”, ha commentato in conferenza stampa). Sono state però estese per altri 6 mesi quelle imposte per il conflitto con l’Ucraina dal 2014. Sarebbero scadute il 31 gennaio 2017. L’Italia, per lo meno, è riuscita a bloccare la proposta avanzata dalla Polonia di rinnovarle per un anno. (mv/rp)
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