È una settimana agrodolce quella dell’haute couture parigina. Perché, dopo Giorgio Armani, anche Pierpaolo Piccioli si è detto deluso dall’alta moda vista nella Ville Lumière. Il direttore creativo di Valentino non si è spinto a ipotizzare l’addio al calendario francese. Ma certo per il prestigio dell’organizzazione parigina non è la rassegna stampa migliore. Soprattutto alla luce dello scambio a distanza tra Hedi Slimane (Celine) e Maria Grazia Chiuri (Dior) sull’opportunità di sfilare durante le violenze di piazza.
L’alta moda di Parigi
Armani, al termine del suo défilé, si è sfogato con la stampa, esprimendo il proprio disappunto per una kermesse più di prêt-à-porter (per quanto d’alto profilo) che di haute couture. “Sono d’accordo – risponde Piccioli (nella foto Imagoeconomica) a MFF che gli chiede un parere –. Troppi fanno una moda che urla opulenza. Non servono quintali di ricami o broccati. Serve ricerca e maestria. Perché la semplicità è un punto di arrivo non di partenza”. Se re Giorgio poneva la differenza tra alta moda e pronto moda nelle personalizzazioni e nella qualità delle lavorazioni, Piccioli la colloca nell’intelligenza del disegno. Perché haute couture non vuol dire semplicemente pomposo. “È un lavoro di ingegneria che sfida la gravità, come nelle costruzioni dei miei abiti apparentemente solo drappeggiati – conclude –. O nelle piume bruciate perché perdano peso su 160 metri di rouches. Questa è alta moda. Picasso diceva: Ci ho messo un’intera vita a disegnare come un bambino”.
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