Buona parte dei big del lusso e del retail c’erano già,. Lo scorso agosto alla presentazione del Fashion Pact i sottoscrittori risultavano essere 32. Ma ora François-Henri Pinault, presidente e CEO del gruppo Kering, nonché animatore dell’iniziativa benedetta dall’Eliseo, può esultare. Al suo programma per la riforma sostenibile dell’industria della moda aderiscono 24 holding in più. I marchi rappresentati, in questo modo, diventano 250.
I nuovi arrivati
In linea con la volontà di rappresentanza trasversale del Fashion Pact, gli ultimi aderenti provengono da tutti i segmenti e dall’intera filiera manifattura–design–distribuzione. Ci sono, ad esempio, la griffe Bally e le calzature Eram, il retail tradizionale de El Corte Inglés e quello digitale di Farfetch, gruppi del tessile che vantano rare e complesse incursioni nella pelle come Calzedonia (di recente attaccata dagli animalisti per un top in pelle firmato Intimissimi).
Road Map
Non solo firme. Mentre LVMH procede in parallelo con il suo progetto LIFE, i promotori del Fashion Pact si sono appena riuniti a Parigi per parlare del da farsi. “In occasione di questa prima sessione operativa – recita il comunicato diramato dal gruppo Kering –, sono stati affrontati i temi relativi alla governance del Fashion Pact, l’organizzazione del lavoro tra i membri della coalizione, nonché la definizione in obiettivi concreti degli impegni presi dai firmatari”. Appuntamento ora per settembre 2020, quando le aziende coinvolte presenteranno la prima relazione sul lavoro svolto.
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