“Ecco la distruzione dell’esperienza umana, per gentile concessione della Silicon Valley”. Sono parole del noto attore Hugh Grant. Un commento che trasuda sarcasmo, riferito all’ultima pubblicità pensata e condivisa da Apple. Oggetto: la promozione del nuovo iPad Pro. Promozione che, per la multinazionale di Cupertino, si è tradotta in un’altra figuraccia. Dopo FineWoven, il materiale “ritirato” e che avrebbe dovuto rappresentare l’alternativa alla pelle, Apple non ne azzecca una.
Apple non ne azzecca una
Per promuovere il nuovo iPad Pro, Apple ha lanciato lo spot dal titolo Crush! (nella foto). Come si legge sul quotidiano La Repubblica, “nel video diversi strumenti musicali, libri, macchine fotografiche, sculture, personaggi di film – e molto altro – vengono schiacciati inesorabilmente da una grande pressa”. Una compressione fisica che, a tutti gli effetti, appare come una distruzione e che, alla fine, dà origine a un sottilissimo tablet. L’idea di per sé è chiara e pure ingenua. Apple vuole “sottolineare come un iPad sia capace di condensare in pochissimo spazio gli strumenti necessari per svolgere numerosi lavori”. Peccato che il messaggio si sia trasformato in un altro pericolosissimo boomerang mediatico.
Dopo FineWoven, un’altra figuraccia
“La polverizzazione brutale di pianoforti, chitarre, libri e altri oggetti – scrive Repubblica – ha scatenato molte critiche da parte di designer, attori e artisti”. Perché? Semplice: tutti “vedono nello spot Apple il simbolo dell’annientamento del loro lavoro e degli strumenti che da sempre vengono utilizzati per esprimere la creatività umana”. Polemiche piuttosto vibranti e virali, al punto che Apple ha dovuto ammettere ufficialmente l’errore, facendo pubblica ammenda. “Il nostro obiettivo – dice Tor Myhren, vicepresidente del Marketing & Communication di Apple a ADAge – è sempre quello di celebrare le miriadi di modi in cui gli utenti si esprimono e portano in vita le loro idee attraverso l’iPad. Abbiamo mancato l’obiettivo con questo video e ci scusiamo“. Un mea culpa che per quanto riguarda il fallimento di FineWoven non è arrivato. Ma tant’è: non si può voler tutto dalla vita…
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