L’UE (e, quindi, i Paesi membri, Italia inclusa) apre alla commercializzazione della carne di coccodrillo del Nilo (Crocodylus nilotikus). Per la moda è un’opportunità di comunicazione: la novità in campo alimentare dimostra la circolarità della pelle esotica anche alle nostre latitudini. Già, spesso al grande pubblico sfugge un elemento fondamentale. Anche la pelle di rettile è il risultato del lavoro di aziende che allevano i capi animali per ottenerne innanzitutto generi alimentari.
La nota del ministero
È una nota del Ministero della Salute della Repubblica Italiana ad aggiornarci sui nuovi orizzonti del mercato alimentare. In virtù della legislazione UE, stabilita con il regolamento di esecuzione (UE) 2021/405, diventa possibile commercializzare parti commestibili (grezze o lavorate) di coccodrillo del Nilo. A determinate condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, of course: solo se importate da certi Paesi (Svizzera, Zimbabwe, Botswana, Vietnam e Sudafrica) e se dotate delle certificazioni sanitarie.
Quindi, si mangia
La novità nel campo del food cambia anche la prospettiva del dibattito pubblico intorno alle pelli esotiche. Il consumatore europeo può finalmente capire che i rettili sono allevati per ricavarne generi alimentari. Non solo in Asia e Africa, ma anche negli States. Non è scontato. C’è una forma di incomprensione di cui parlava durante un webinar Christy Plott, titolare dell’American Tanning & Leather nonché membro del gruppo di lavoro sul coccodrillo per IUCN (Unione Internazionale per la conservazione della Natura). “Quando spieghiamo che degli alligatori si consuma anche la carne, i critici ci rispondono non è vero, non l’ho mai trovata sul menù del ristorante. Be’, perché vivi a New York, sono solita rispondere, vieniti a fare un giro in Louisiana e poi ne riparliamo”.
La circolarità della pelle di rettile
Il consumatore europeo si trova nella stessa situazione di quello di New York: non sa, perché non ne ha esperienza, che del coccodrillo del Nilo si consuma anche la carne. Ora potrà finalmente entrare in contatto con questa verità. E realizzare che i progetti di sfruttamento economico di certe specie animali sono il miglior alleato possibile di quelli di conservazione delle stesse specie: come ribadito dagli scienziati di IUCN, nonché da gruppi come LVMH e Richemont, i risultati parlano da soli. Ma anche che lo sfruttamento è completo e che anche in questo caso, come per i bovini e gli ovi–caprini, la concia assolve un ruolo circolare: queste pelli, se non fossero lavorate, sarebbero solo un rifiuto.
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