Fateci caso: che si parli di pandemia, cambiamento climatico o salute, salta sempre fuori chi indica negli allevamenti la causa dei problemi. E nella carne, quindi, il capro espiatorio: il prodotto cui fare rinuncia collettiva per emendare i mali del mondo. Il mensile n. 7/8 – 2023 de La Conceria si intitola Fiducia, perché tratta del valore della fiducia (a punto) in tutti gli step della filiera. Con Andrea Bertaglio, giornalista specializzato nel tema della sostenibilità, discutiamo invece di un settore, la zootecnia, che ha visto negli ultimi decenni il proprio rapporto di fiducia con il grande pubblico picconato dal susseguirsi di campagne avverse. Al punto da diventare nella vulgata animalista/ambientalista il target da abbattere in ogni modo, perché irredimibile e irriformabile.
Il capro espiatorio
La denigrazione della carne e del suo consumo non è un fatto recente. Anzi, “è l’effetto della combinazione di fattori storici e sociali – spiega Bertaglio – iniziata negli anni ’70 e ’80 con l’ossessione dei grassi nell’alimentazione e la progressiva umanizzazione degli animali, sia da allevamento che da compagnia”. Allevatori e trasformatori, ora, non devono darsi sconfitti: devono ripartire da dove sono stati mancati, cioè proprio la comunicazione.
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