Higg Index, la confusione aumenta. Secondo quanto ha appurato l’analista indipendente Veronica Bates Kassatly, la sospensione disposta da SAC-Sustainable Apparel Coalition è solo parziale. Perché non avrebbe messo in pausa l’Higg Index MSI-Materials Sustainability Index, appunto. Ma solo “il programma di trasparenza del consumatore a livello globale”. Vuol dire che i marchi di moda possono accedere all’Indice normalmente. In altre parole, è come se un ufficio avesse chiuso lo sportello a contatto col pubblico, mentre le attività di back office procedono regolarmente. Nella confusione di Higg Index, intanto, è inciampata H&M (membro SAC). Secondo un’indagine di Quartz, il colosso svedese del fast fashion “ha mostrato ai clienti” in virtù dello strumento “punteggi di valutazione ambientali fuorvianti e, in molti casi, addirittura ingannevoli”. Punteggi ora rimossi dal web.
La sospensione è solo parziale
Che confusione! Una dichiarazione del 27 giugno di Amina Razvi, CEO di SAC, è stata interpretata come la sospensione del controverso Higg Index. Lo stop arrivava sulla scia della bocciatura dell’Autorità norvegese per i consumatori (NCA). Una sospensione che riguarda però solo la facciata, cioè la parte visibile ai consumatori. “Presumibilmente i marchi stanno ancora utilizzando questi numeri vuoti – scrive su Linkedin Veronica Bates Kassatly – per prendere decisioni riguardanti l’approvvigionamento. E per calcolare l’impatto, per i loro obiettivi basati sulla scienza e i loro rapporti di sostenibilità”. L’analista, pubblicando gli screenshot del sito SAC, afferma senza dubbi: “SAC non ha messo in pausa l’Higg Index, che è vivo e vegeto”. In pausa è solo il Transparency Program, cioè la piattaforma per fornire ai consumatori le informazioni sull’impatto degli articoli di abbigliamento e calzature.
Posizioni sibilline
“In dubbio non è il MSI, ma il suo utilizzo per il cliente finale”, dice sibillinamente Jeremy Lardeau, vicepresidente del SAC per l’indice Higg, a modaes. Lardeau teme che “la ricerca della perfezione dei dati ostacolerà i progressi del settore”: una presa di posizione che si commenta da sola. Intanto a un contesto già molto confuso si aggiunge l’inchiesta di Quartz sull’incidente occorso a H&M. La società svedese avrebbe mostrato ai clienti “score card ambientali falsi”. O meglio: falsati da errori di calcolo. Un dato negativo è diventato positivo, sballando tutti i calcoli dei punteggi successivi. “H&M ha ignorato i segni negativi nei punteggi dell’indice Higg – sostiene la testata –. Dei 600 scorecard di abbigliamento femminile sulla versione per il Regno Unito del sito, più di 100 includevano errori che facevano sembrare più green capi meno sostenibili”. Dopo la comunicazione ricevuta da Quartz, H&M ha rimosso dal portale web i punteggi incriminati. (mv)
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