Mai come questa edizione. Se c’è un aspetto che è emerso durante Pitti Uomo, in chiusura oggi alla Fortezza da Basso di Firenze, è questo: la volontà e la necessità (entrambe crescenti) dei brand di ribadire che la pelle è un residuo dell’industria alimentare. “Nessun animale è stato ucciso per questa pelle”, puntualizzano numerosi espositori senza che nessuno glielo chieda, come fosse (finalmente) un messaggio da far passare in modo automatico, istantaneo e obbligato. Un’affermazione che ricalca il claim etico lanciato da ICEC e UNIC: “Recuperiamo le nostre pelli dalla filiera alimentare”. È un caso che in tanti lo facciano? Ovviamente no.
Quello che la pelle è davvero
Questa precisazione è il frutto di un’attenzione capillare per la sostenibilità, diventata ormai una conditio sine qua non per posizionarsi sul mercato. Ma, purtroppo, è anche l’estrema conseguenza di un’ignoranza diffusa sul materiale pelle: c’è bisogno di specificare l’origine dei pellami, quasi giustificandone l’utilizzo. I tanti brand che abbiamo incontrato a Pitti mettono, così, le mani avanti, nel timore di eventuali attacchi animalisti o vegan.
In tanti lo spiegano
“Siamo tra i pochi in Italia a produrre giacche in pelle di cavallo – raccontano i fondatori del brand emergente Shangri-la (nella foto) -. E nessun animale viene ucciso per l’utilizzo della pelle”. La stessa specifica fatta anche da Alexis Azoulai, fondatore del brand marocchino di capispalla in pelle SLVS. Idem allo stand del marchio tedesco Young Poets Society, dove, in più, specificano: “Controlliamo con cura tutti i materiali in entrata – spiegano -. Siamo molti attenti a tutti i documenti di accompagnamento dei nostri fornitori”. Mettono le mani avanti, sul fronte dell’esotico, anche dal brand francese Philip Karto, famoso per la customizzazione di borse vintage di alta gamma. “Ricostruiamo i manici degli accessori utilizzando pellami di water snake, un rettile non in via di estinzione”.
Scetticismo e informazione
Non è tutto così chiaro e informato, comunque, quel che è stato esposto a Pitti 101. A dimostrazione che la percezione errata dell’origine della pelle resta diffusa e sfruttata in termini di marketing. Tra gli espositori, infatti, c’era chi si autoproclamava “ecosostenibile” per la sola scelta di utilizzare materiali “alternativi” alla pelle. Ma, molto più che in passato, c’è stato chi si è mosso in senso contrario, dicendo le cose come stanno e spiegando quello che la pelle è davvero. Meno male.
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