Demonizzare la pelle, come fatto con la pelliccia. Così da emarginarla, renderla antipatica al pubblico e quindi scomoda per brand e designer. Il disegno politico di associazioni vegane come PETA è chiaro: le incursioni durante le ultime sfilate di Coach ed Hermès segnano l’innalzamento dell’entità dello scontro. Ne dà conto Vogue Business con un pezzo che definiremmo fin troppo indulgente con le posizioni veg. Lo stesso pezzo, però, riconosce che l’alta moda non ha intenzione di assecondare le pretese degli animalisti radicali. E questo ci rincuora.
Chi vuole demonizzare la pelle
L’obiettivo delle associazioni vegane, dicevamo, è rendere alla pelle lo stesso trattamento riservato alla pelliccia. Che, nel giro di pochi lustri, si è trasformata suo malgrado da materiale di lusso per eccellenza in oggetto di imbarazzo per quei brand che non hanno il coraggio di affrontare un picchetto di provocatori. Le associazioni vegane, scrive Vogue Business, si stanno scontrando con un sistema della moda questa volta restio ad assecondarne le pretese. Perché? Innanzitutto, perché la pelle è un materiale molto più diffuso e trasversale nelle collezioni di quanto non fosse la pelliccia. Non è possibile quantificare l’uso della pelle perché non esistono metriche e misurazioni, “ma vediamo la pelle ovunque”, commenta John Bartlett della Parsons School of Design. Acumen Research Consulting, anzi, ne prevede l’impiego in crescita del 6% nei prossimi anni. Come si toglie di mezzo un bene così prezioso?
Qui per restare
Insomma, i vegani devono accettare che le griffe internazionali vedano nei cosiddetti materiali next-gen una freccia in più per il proprio arco, non un grimaldello per scalzare la pelle dalla sua posizione di prestigio. Così come devono farsi una ragione del fatto che le holding della moda, quando cresce l’attenzione su sostenibilità e benessere animale, investono sulla filiera, non rimuovono arbitrariamente (come vorrebbero loro) pezzi della catena del valore. La lettura del pezzo di Vogue Business, in fin dei conti, ci rasserena. Certo, come purtroppo sappiamo bene per ragioni di marketing ogni tanto le griffe concedono contentini alla gran cassa vegana. Ma nella sfida con gli animalisti radicali, la concia è in vantaggio.
In foto proteste di PETA contro Hermès
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