Ondate di caldo record. Siccità prolungate. Piogge torrenziali che in poche ore scaricano al suolo l’equivalente di un mese di pioggia. Il fashion system ormai ne ha preso atto: il climate change non è un semplice fattore di sfondo delle sue attività. È la cornice nella quale la filiera opera e alla quale si deve adeguare. Ne parliamo in “Non è più il problema di qualcun altro”, primo articolo della cover story del n. 1 – 2024 del mensile La Conceria. Dal titolo “Gli effetti sulla filiera del cambiamento climatico”.
Il fashion system ne ha preso atto
Perché la filiera ne ha dovuto prendere atto? Basta citare pochi esempi, in Italia e all’estero. Come l’esondazione a causa di eventi metereologici estremi del fiume Taquari (in Brasile), che a metà settembre ha devastato la conceria CBR – Couros Bom Retiro. Mica è la prima volta che hanno problemi del genere: lo stesso fiume è già esondato nel 2008, 2011, 2013, 2017 e 2020. Ma il problema, raccontiamo nel servizio, non è solo sudamericano. Le aziende romagnole della filiera moda hanno dovuto fronteggiare le alluvioni dello scorso maggio (in foto), per rimanere alle cose nostre. Mentre su questi presupposti la multinazionale danese della pelle Ecco ha rimodellato la propria supply chain globale.
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