“Nessun materiale alternativo è biodegradabile come la pelle”

“Nessun materiale alternativo è biodegradabile come la pelle”

Lo studio ha preso in considerazione un campione di pelli rifinite in sette modi diversi. E lo ha messo a confronto con un’imitazione sintetica e con due di quelle “next gen e vegane”, rispettivamente da cactus e ananas. Il risultato è inequivocabile: nessuna delle alternative è biodegradabile come la pelle. Che, per di più, offre migliori performance in fatto di resistenza e permeabilità. A condurre le indagini è stato A3 Leather Innovation Center, centro di ricerca della Universidad de Lleida, su incarico di Leather Cluster Barcelona. L’associazione, cioè, che rappresenta le concerie del distretto di Igualada. Ora l’intenzione è portare i risultati all’attenzione del legislatore per disciplinare l’etichettatura dei prodotti e il loro trattamento a fine utilizzo.

Niente è biodegradabile come la pelle

L’ateneo spagnolo si è mosso per trovare, su basi scientifiche, la risposta alla domanda: i materiali alternativi sono davvero meglio della pelle come dicono? La risposta per quanto riguarda la compostabilità è: no. “Durante il processo di compostaggio i diversi tipi di pelle naturale hanno presentato un livello di degradabilità totale o parziale – riporta la rivista LederPiel – in un periodo compreso tra 21 e 35 giorni. Il benchmark di materiali alternativi a 90 giorni dall’avvio del processo di compostaggio non presenta neanche indici di degradazione”. Non solo: le alternative si sono rivelate inferiori anche dal punto di vista delle qualità fisiche.

 

 

La scienza e la pelle

Insomma, da una parte c’è il greenwashing e dall’altra c’è l’attendibilità scientifica. Facendo ampio e spudorato ricorso agli stratagemmi del marketing, i materiali alternativi si presentano al pubblico come più belli e sostenibili della pelle. In certi casi gli stratagemmi retorici non sono neanche così sofisticati: le alternative si presentano come ontologicamente migliori già solo perché non derivanti da spoglie animali, bensì da una matrice vegetale. Gli studi stanno smontando pezzo a pezzo tanta prosopopea. Prima Filk ha messo il punto sulle differenze prestazionali tra la pelle e le imitazioni. Poi Ars Tinctoria ha stabilito la distanza tra un materiale davvero naturale (la pelle) e altri che si millantano come tali, ma sono per la maggiore o quasi esclusivamente plastici. Ora da Lleida arriva l’indicazione definitiva sulla biodegradabilità.

Foto dal web

 

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