Ci risiamo. E ci viene da urlare: RDS, ma che dici!? Siamo abituati a che ogni tanto media generalisti piombino sul tema della sostenibilità con argomenti tirati fuori, ad esser buoni, dal sentito dire. E che, quindi, spesso sull’impatto ambientale della filiera, sulla bontà dei materiali naturali e su quella delle alternative si sentano castronerie. Ma che Radio Dimensione Suono, in un pomeriggio di metà inverno, si senta in dovere di sparare a zero su pelle e pelliccia, invitando gli ascoltatori “a dire la propria”, è un colpo basso che non c’aspettavamo.
RDS, ma che dici!?
Riavvolgiamo il nastro. È il pomeriggio del 6 febbraio: Roberta Lanfranchi e Claudio Guerrini conducono, as usual, il proprio spazio pomeridiano. Intorno alle 17:00, il colpo di scena. I due speaker commentano la notizia, ripresa senza particolare taglio critico dal Corriere della Sera, che PETA considera vinta la battaglia sulla pelliccia. Gli animalisti statunitensi, tanto radicati nel jet set, spostano la propria attenzione su pelle e lana (non che prima fossero indifferenti ai due materiali, eh). Quelli di PETA, è cosa nota, aborriscono l’uso dei materiali animali. E tant’è. Per di più sono certi che un’industria mondiale della moda possa essere super-sostenibile fondandosi sui materiali sintetici: come se i derivati del petrolio non conoscano questioni di carbon footprint, durabilità e smaltimento. Ma si tratta di PETA: a loro non interessa fare discorsi razionali, a loro interessa ritenersi dalla parte della ragione. Quello che non ci saremmo aspettati, tornando al punto, è che RDS si abbandonasse a un endorsement (gratuito e senza contraddittorio) a favore delle posizioni di PETA.
La responsabilità dell’informazione
Parlare di filiere industriali, processi produttivi e life cycle assessment dei materiali, tra un tormentone di Sanremo e una hit degli anni ’90, è poco pop. Ce ne rendiamo conto. Ma Lanfranchi e Guerrini si sono infilati da soli nell’imbuto stretto della sostenibilità della moda. E, una volta imboccata questa strada, sarebbe stato opportuno affrontarla, sia pure in toni divulgativi, in modo rispettoso della pelle e di chi ci lavora, oltreché dell’intelligenza degli ascoltatori. Perché, quando si fa informazione, si è sempre responsabili davanti al proprio pubblico.
Parola al pubblico
Ora, potremmo star qui a fare il debunking delle bufale di PETA e il controcanto alla superficialità di chi le riprende senza farsi tante domande. Ma c’è un altro aspetto che ci interessa di più: perché questa storia ha un lieto fine. Ci si poteva aspettare che la parola al pubblico si trasformasse in una sorta di plebiscito per i dogmi animalisti. Invece, scorrendo i commenti degli ascoltatori, si può vedere come siano più lucidi dei due DJ. Certo, c’è la pronta risposta dei militanti veg (“oltre a non vestirmici, non li mangio nemmeno gli amici animali”). Ma c’è anche tanto buon senso.
Qualche esempio
“L’inverno è pelliccia vera”, si legge. Compare la difesa di chi è del mestiere: “Lavoro nel settore della pelle, purtroppo non sai che esistono lavorazioni per far sì che la pelle venga sfruttata nei migliori dei modi – digita Tommaso –, altrimenti verrebbe buttata via. Un po’ d’informazione non fa mai male”. Ma anche di semplici consumatori (critici): “Quelle che avete appena chiamato ecopelliccia ed ecopelle – argomenta tale Mariafrancesca –, sono il risultato della lavorazione del petrolio: sono materiali plastici, non riciclabili e perciò inquinanti. Ognuno la può pensare come vuole, ma non sono materiali sostenibili come si vuol far credere”. La cosa importante, sottolineano dal pubblico, è sapere di cosa si parla: “È sbagliato incentivare l’acquisto dell’ecopelle, perché di eco ha poco – scrive un ascoltatore –. La pelle vera non è altro che un materiale di scarto del macello, quindi si va a valorizzare un prodotto che andrebbe buttato via”.
Screenshot dalla pagina web RDS
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