Gli organizzatori di Mipel hanno deciso di trasformare la prossima edizione della fiera degli accessori in una celebrazione della sostenibilità della moda. “Sostenibilità e creatività dono due valori strettamente collegati”, ha spiegato il direttore generale Danny D’Alessandro ai giornalisti che hanno partecipato alla conferenza stampa di presentazione della fiera. Aggiungendo, poi, che per la green economy anche la prossimità territoriale è un fattore determinante: “Non è un caso che il distretto pellettiero di Scandicci sia a pochi chilometri di distanza da quello della concia di Santa Croce sull’Arno”. Non solo. In occasione della fiera votata al green, Mipel ha individuato i suoi ambasciatori del messaggio sostenibile: Aldo Tempesti (presidente TexClubTech), Bav Taylor (designer e fondatrice dell’omonimo brand), Enrica Borghi (artista) e Fulvia Bacchi, direttore generale di UNIC – Concerie Italiane e ceo di Lineapelle. I legami tra l’accessorio e la pelle italiana, d’altronde, sono molto profondi: ancora per il prossimo Mipel, Assopellettieri e UNIC – Concerie Italiane hanno collaborato (insieme a YKK Italia) affinché il laboratorio gestito dalla cooperativa sociale Il Girasole producesse 200 shopper in pelle. Prevenendo possibili obiezioni (perché, ahinoi, oggi come oggi certe obiezioni sono sempre dietro l’angolo), Riccardo Braccialini, presidente di Assopellettieri, ha ricordato un aneddoto relativo a quando, insieme ai fratelli, gestiva il brand di famiglia: “Presentavamo una collezione ecologica – racconta – e un giornalista ci ha chiesto come la potessimo definire ecologica, quando prevedeva l’uso della pelle. Gli abbiamo risposto che la pelle, materiale recuperato dagli scarti di un’altra industria, quella alimentare, è ecologica per definizione”.
Stampa distratta
Ci sono dei meccanismi nel mondo della comunicazione, purtroppo, che vedono messaggi articolati appiattirsi di fronte a parole semplici che hanno il sapore dello slogan: l’aggettivo vegano, dobbiamo riconoscerlo, fa parte a pieno titolo di questo club. Perché? Perché, ad esempio, malgrado il prossimo Mipel porti con sé un tanto stretto legame con la pelle, per presentarlo Libero sceglie il seguente titolo: “L’inglese Westwood si presenta a Mipel con la borsa vegana”. Non è un caso isolato. L’articolo del quotidiano diretto da Vittorio Feltri, che schiaccia una manifestazione con 350 marchi espositori su una sola designer a favor di semplicità di slogan, esce in edicola il primo febbraio. Nella rassegna stampa dello stesso giorno fioccano gli esempi che dimostrano la tesi. Il Sole 24 Ore, per dirne una, dedica una foto-notizia a Stella McCartney: la “stilista che non ha mai usato pelle né pellicce” presenta “gli occhiali sostenibili”. Come se gli espositori di MIDO, la fiera dell’occhialeria, fossero invece impegnati nella distruzione del pianeta. Chiude il cerchio un pezzo de Il Messaggero: “Il vero lusso? Non far soffrire gli animali. A Los Angeles la Vegan Fashion Week”. Basta l’aggettivo giusto, insomma, per trasformare luoghi comuni buoni per gli uffici marketing in headlines dei giornali.