Un confronto aperto tra concerie e clienti ha arricchito il workshop organizzato da ICEC, l’Istituto di Certificazione della Qualità per l’Area Pelle, “La tracciabilità delle pelli e degli articoli finiti: come garantire l’origine delle materie prime?”, che si è svolto ieri (7 settembre) a Santa Croce sull’Arno, presso la sede di PoTeCo (Polo Tecnologico Conciario). Il direttore di ICEC, Sabrina Frontini (nella foto), ha illustrato i servizi che l’ente mette a disposizione in materia di sostenibilità e tracciabilità, sottolineando due elementi fondamentali: riservatezza e autorevolezza dei dati. “Le informazioni sensibili fornite dalle aziende rimangono assolutamente riservate- specifica -. Ogni dato raccolto da ICEC è documentato, non accettiamo auto dichiarazioni da parte delle concerie”. Oltre alle esperienze di investimento sulla tracciabilità della materia prima raccontate dalle concerie presenti: Russo di Calandrino, Volpi Concerie, Reptilis e Vignola Nobile. L’incontro ha portato anche in evidenza la testimonianza di Bottega Veneta. Qual è il valore della tracciabilità della pelle per la griffe? “Innanzi tutto la trasparenza della filiera – ha spiegato Sonia Liani in rappresentanza della maison del gruppo Kering, intervenuta per raccontare il caso delle borse Cabat -. Sapendo esattamente tutto ciò che succede nel processo che intercorre dall’allevamento al prodotto finito, avere sotto controllo questo lungo percorso con sicurezza e trasparenza dà certamente un valore aggiunto al prodotto finito. Si garantisce anche il welfare animale, un aspetto molto sensibile al consumatore finale”.
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