Il senso di questa storia di copertina. Un senso che, forse, va anche oltre il concetto stesso di artigianato e di quella che ci sembra la sua più vitale e contraddittoria antitesi: la digitalizzazione

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Antonio Ripani, in arte Tony, da 40 anni è “l’uomo delle pelli” del Gruppo Tod’s. Le controlla una per una e i suoi principali sensori sono gli occhi e le mani.

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Come sono cambiati la moda, il design e il loro insegnamento in questi lunghissimi mesi di pandemia? Quanto la transizione digitale si sposa con l’artigianalità? Ne abbiamo discusso con il nuovo direttore di Polimoda Firenze: Massimiliano Giornetti

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Secondo Enrique Loewe per “produrre lusso” bisogna «rafforzare il senso di creare bellezza con le mani». Il che non contraddice la travolgente pulsione alla virtualità delle griffe, ma ne rappresenta un (nemmeno troppo) potenziale e reciproco detonatore

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La ragione di Ana Vasconcelos, che troverete espressa nelle prossime pagine, è quella di chi, producendo accessori di pelletteria, sceglie la pelle per una (logica e) consequenziale serie di fattori il cui impianto (logico) non crolla nemmeno davanti al fatto che lei stessa si dichiara «vegetariana da oltre 20 anni»

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Sono quelle di cui parla Ana Vasconcelos, titolare di Belcinto e vicepresidente dell’associazione portoghese di categoria (APICCAPS) e si muovono tutte attorno alla ragione per cui la pelle è il materiale di riferimento per la pelletteria (e non solo). Anche per chi, come lei, da più di 20 anni è vegetariana

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È molto, molto semplice: le alternative alla pelle che sostengono di essere meglio della pelle sotto qualsiasi punto di vista, non lo sono. A dirlo, ovviamente, non siamo (solo) noi, ma (soprattutto) lo studio FILK che presentiamo nelle prossime pagine

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La notizia è che Hermès sperimenta in un modello di borsa un materiale bio-based: né più, né meno. Eppure, c'è bisogno di cautela nel modo in cui se ne parla

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I giornali italiani e internazionali, trattando della Victoria Bag di Hermès in Sylvania, erano davanti a un banco di prova. Hanno fallito

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Una cover story dedicata a chi, giovane o emergente, non si è lasciato spaventare dal Coronavirus. Ma ha deciso di puntare, anche in un contesto difficile, nel suo sogno in pelle

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Argentina di nascita, newyorchese d'adozione, ha sempre sognato di fondare un proprio marchio di accessori. La pandemia, in fin dei conti, le ha fornito il tempo necessario di dedicarsi al proprio progetto

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Trasformare un hobby in un lavoro. Lanciare il proprio marchio alla vigilia della pandemia. Coupland Leather sta andando bene, ma il fondatore non vuole parlarne come di un miracolo

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Sonja Höchli e Thomas Odermatt hanno rispettivamente 33 e 31 anni. Pensavano al loro brand di calzature da tempo. La pandemia non li ha fermati: nel 2020 hanno lanciato Bold Matters

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I fratelli Filippo e Tommaso Grossi lanciano MUTH. E portano nella nuova esperienza tutta la loro conoscenza della pelle e della sua circolarità

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Ai primi del 2020 BGBL era un marchio in rampa di lancio. Ma pur sempre una startup. La pandemia poteva compromettere tutto: la designer Elisabetta Viola ha approfittato dello stop per programmare la ripartenza

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Ci abbiamo provato, ma non abbiamo trovato traduzioni ugualmente efficaci della definizione che dà il titolo a questo articolo. L’ha coniata British Vogue per descrivere l’approccio stilistico (e non solo) di Daniel Lee, dal 2018 direttore creativo di Bottega Veneta e artefice del suo ritorno, trionfale, sotto i riflettori del fashion system. Riflettori che non si sono abbassati nemmeno nel 2020. Anzi…

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L’addio (se di addio si può parlare) di Bottega Veneta e Daniel Lee ai social eleva l’eterno dubbio amletico a una nuova dimensione e, da scelta, si trasforma in un’ambivalente e coesistente possibilità. Perché l’assenza, in un mondo dominato dal marketing e dall’algoritmo, può essere più virale (sia online che offline) della presenza. In questo articolo vi spieghiamo perché

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Ma lo diciamo alle nostre condizioni. Non ci sono solo griffe che imboccano la strada del revisionismo social/digitale, come Bottega Veneta. Altre accettano la dimensione online come una necessità, ma la sfidano cercando di ridefinirne i codici. Come nel caso di D&G e Prada

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L'acquisizione di Stone Island ha fatto rumore e ora Ruffini è sulla bocca di tutti. Ma il colpo è stato progettato con calma, come tutte le svolte della sua carriera, Moncler inclusa. Perché, sin dagli esordi negli anni '80, a Remo la velocità non è mai piaciuta

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Un brand che vuole essere sinonimo di capospalla, certo. Ma Moncler non è solo questo: è, anzi, un'azienda che da sempre si spinge oltre i propri confini (con Ruffini ancora di più)

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