Si chiama Associazione Cluster Made in Italy. Il suo obiettivo, spiega chi la coordina, cioè SMI-Sistema Moda Italia, è “avviare un dialogo più fluido tra università, centri di ricerca e imprese del bello e ben fatto”, cioè quelle coinvolte nei segmenti produttivi di: tessile-abbigliamento, calzatura, pelletteria, pelle, occhiali, pellicce, oreficeria, arredo. E ci sarà, al tavolo, spazio anche per agroalimentare e meccanica. Al di là dell’intento rappresentativo e lobbistico, il Cluster punta dritto a qualcosa che è necessario e raramente si è verificato in Italia: favorire collaborazioni, sinergie e condivisioni intersettoriali per quanto riguarda ricerca e innovazione. 22 i soci fondatori, comprese associazioni nazionali, centri tecnologici e atenei universitari. 13 i prossimi aderenti, tra cui la conceria italiana e la Stazione Sperimentale per l’industria delle Pelli e delle Materie Concianti di Napoli. “Le richieste di autentica sostenibilità e la rivoluzione digitale – spiega l’imprenditore tessile Alberto Paccanelli (ad di Martinelli Ginetto), presidente del neonato Cluster – stanno mutando rapidamente lo scenario in cui si muovono le aziende dello stile di vita italiano. Il Cluster si pone come elemento catalizzatore, per far lavorare in modo sinergico il mondo della ricerca e quello dell’industria, nel campo della ricerca applicata e del trasferimento tecnologico”. E conclude: “Per filiere tradizionali quali sono le nostre, l’innovazione di prodotto, di processo e del design è strategica”.
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