“Si prenda ad esempio la fibra di carbonio: nata in settori hi-tech come l’aeronautica, è diventata d’uso comune, ora la si impiega nella valigeria. Lo stesso percorso, in senso inverso, può fare la pelle: acquisendo nuove funzionalità, può raggiungere nuove destinazioni d’uso, o acquisire maggior valore in quelle dove è già impiegata”. Skylar Tibbits (nel riquadro) è il fondatore e codirettore del Self-Assembly Lab dell’International Design Center del MIT, Massachusetts Institute of Technology. Con il suo laboratorio, persegue un cambio di paradigma nel percorso dell’innovazione: se usualmente ci si concentra sulla tecnologia e sui macchinari che rendono possibile il processo, lui invita ad applicare l’innovazione dal termine della filiera, ripensando prima il prodotto finale e, quindi, il processo. “Oggi programmiamo robot e computer – dice – ma domani programmeremo i materiali stessi”.
La cornice
Incontriamo Tibbits durante l’Innovation Training, progetto promosso da Spin 360, organizzatore anche dell’Innovation Square nel corso di Lineapelle, in collaborazione con Kathleen D. Kennedy, Executive Director del MIT Center for Collective Intelligence. Scopo dell’Innovation Training, cui partecipano imprese ed associazioni, è creare un ponte tra l’ecosistema nordamericano dell’innovazione e quello europeo della concia. Il primo, dislocato tra Boston e New York, è quanto mai brand new, mentre il secondo è un’attività, per quanto abituata all’innovazione incrementale, di tipo tradizionale. Anche se i mondi sembrano lontani, è possibile una trasmissione di idee che porti l’industria della pelle alla disruption. Ne è convinto anche Tibbits: “Per la concia deve essere un’opportunità da cogliere – spiega –. Può diventare un driver dell’innovazione nel mercato dei materiali, e non solo un player che riceve le innovazioni”. Una differenza non da poco.
Esperienza
Il Self-Assembly Lab ha sviluppato progetti su materiali capaci di reagire alla temperatura, di cambiare stato, di assemblarsi in diversi ambienti. Le applicazioni pratiche sono di diverso tipo. Con il marchio calzaturiero Camper ha realizzato matrici in tessuto in grado di trasformarsi in scarpe bypassando la manovia e il complesso processo della costruzione della calzatura. Allo stesso modo ha progettato, grazie a una fibra che si trasforma con il calore, maglieria che si adegua alle necessità della customizzazione di massa: prodotto in fabbrica a misure standard, si adegua alle fattezze del cliente in negozio. La pelle non è esclusa dalle sperimentazioni. Il laboratorio di Tibbits ha condotto esperimenti anche sulla pelle, ad esempio “con processi di laminazione per ottenere materiali che rispondono al cambio di temperatura”.
Possibilità
L’industria cambia velocemente. Quando per molti la stampa 3d sembra ancora il futuro, al MIT con la stampa 3d Rapid Liquid Printing sono già un passo più avanti. Nella filiera della pelle c’è chi guarda alle soluzioni innovative con timore. “Per certi versi è normale, perché le innovazioni disruptive cambiano l’industria e spaventano”, osserva Tibbits. Ma non per questo la pelle deve sentirsi tagliata fuori dai giochi. “Presenta caratteristiche, in quanto materiale eccezionale nelle produzioni di alta gamma e con difficoltà di standardizzazione in quelle di massa – conclude – simili al legno. Ma non è un limite, è una sfida eccitante. Dal punto di vista di un creativo, la domanda è come i nuovi strumenti possono metterti nelle condizioni di fare cose prima impensabili”.