Servizi innovativi nello sviluppo della calzatura. Così cresce la startup marchigiana Hoc Lab Tech: ha catturato l’interesse di diversi top brand, seguendo per loro progetti di sperimentazione, ricerca e progetti “speciali”. Nel giro di tre o quattro giorni, anche attraverso il laboratorio di ricerca di Fano, l’azienda è capace di trasformare un disegno in un prototipo. Ci spiega tutto Vito Loverre, 30 anni, che ha fondato l’impresa insieme a Raffele Stelluti Scala, 32 anni.
Hoc Lab Tech
Ci puoi spiegare la vostra attività?
Studiamo tendenze e trend futuri del mercato. Poi curiamo il design e lo sviluppo, con i macchinari che abbiamo a disposizione, inclusa la maglieria in 3D knit. Da qui arriviamo alla realizzazione del prototipo e all’industrializzazione del prodotto. Tutto internamente. Una volta approvata la produzione consegniamo il progetto all’azienda che può iniziare subito la produzione.
Come si compone la vostra clientela?
Nell’80% dei casi è straniera. Seguiamo anche grandi brand molto conosciuti. Spesso ci confrontiamo direttamente con il direttore creativo della griffe. Per fare un esempio: il marchio ha l’idea e ci chiede uno studio dei costi di realizzazione e la tempistica.
Soprattutto mondo sneaker, vero?
Sì, ma ci sono anche altri progetti.
Quale vantaggio per i brand?
Dal punto di vista economico, esternalizzano una fase del processo produttivo e, quindi, hanno più flessibilità. Da noi trovano un interlocutore competente, votato all’innovazione, con una visione moderna e sostenibile.
Siete un motore per il made in Italy: i marchi stranieri poi producono qui
Certo! Questa è la sostenibilità. Molti brand si propongono come sostenibili. Se poi vai a studiare materiali e processo di produzione, ti rendi conto che non rappresentano un progetto sostenibile, ma un assemblaggio di prodotti sostenibili. Troppo spesso la supply chain prevede molti viaggi tra l’importazione dei materiali e la loro lavorazione, mentre il prodotto ritorna nella sede del brand che lo spedisce al cliente. Quanti chilometri ci sono? Questa è sostenibilità? Dobbiamo andare oltre, verso una sostenibilità made in Italy 2.0. Per essere sostenibile il brand italiano deve comprare i materiali in Italia ed effettuare le lavorazioni in Italia.
Quali sono le richieste più frequenti che ricevete dai brand?
In questo momento le richieste maggiori sono per un prodotto sostenibile e innovativo. Con un’attenzione particolare alla proprietà intellettuale, specie per i brand più famosi, che nella nostro lab difendiamo fortemente.
E che posto occupa la pelle?
Un progetto a cui stiamo lavorando coniuga all’interno dello stesso prodotto pelle, ricamo e knit. Per un made in Italy innovativo che guarda al futuro. La pelle ci deve sempre essere perché, tra gli altri pregi, non cambia l’estetica del prodotto. C’è e continuerà ad esserci.
Quanto è importante la vicinanza al distretto calzaturiero marchigiano?
Il mercato richiede una reattività sempre maggiore. La tecnologia aiuta, come nel caso della stampante 3D, ma il supporto del distretto è fondamentale.
Progetti futuri?
Cerchiamo sempre di aumentare la dotazione dei macchinari del laboratorio. Ora abbiamo quattro collaboratori e vorremmo assumerne altri due, ma la pandemia deve attenuarsi prima. (mv)
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