Resistere è l’unica cosa che conta. Ma senza il sostegno pubblico agli investimenti, la crisi sarà complessa da gestire. È lo scenario prefigurato da Assomac, l’associazione che rappresenta i costruttori italiani della filiera delle tecnologie destinate alla calzatura, alla pelletteria e conceria. Perché il 2023 è andato bene sul piano dell’export, ma il dato va letto insieme alle prospettive sull’anno in corso.
Il 2023 è andato bene
Il 2023, come rileva l’analisi di Assomac, segna una crescita dell’export del 3,66% (incluse le macchine per sintetico, gli stampi e gli accessori). I macchinari e le strumentazioni destinate alla conceria in particolare segnano il +12,76%, merito soprattutto del buon andamento delle vendite in Europa, America e in Africa. Accusa invece il periodo d’incertezza l’export del settore delle macchine per calzature e pelletteria, che chiude il 2023 con un -4,61%, pur registrando buone performances in alcune aree, come America e Oceania. Risultato simile a quello delle esportazioni dei ricambi, che scendono del 4,02%.
Il confronto sul 2022
La crescita complessiva è rilevante, anche se più contenuta rispetto al 2022. I motivi sono sempre gli stessi: la crisi dell’intero comparto moda, collegata ai conflitti internazionali che sono causa dell’indebolimento dello scenario economico globale. Un quadro che pesa sull’intera filiera delle tecnologie curata da Assomac per quel che riguarda il secondo semestre del 2023.
E ora il 2024
Lo scenario è complesso e diventa sempre più necessario un sostegno concreto delle istituzioni per rilanciare gli investimenti. Assomac ha rilevato il -21,46% delle esportazioni nel primo bimestre 2024. “È fondamentale rilanciare gli investimenti, varando i decreti attuativi di Industria 5.0 e individuando misure con un orizzonte di lungo periodo – commenta la presidente di Assomac, Maria Vittoria Brustia (in foto) –. Senza incentivi adeguati per il nuovo capitale materiale e immateriale, l’adozione di innovazioni digitali nei processi produttivi e la transizione energetica andranno a rilento. Frenando, così, la crescita della produttività delle nostre imprese e la loro competitività sui mercati globali”. (aa)
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