Al momento in tutta la filiera della moda statunitense c’è una sola categoria che (ancora) non si sente minacciata dalla guerra commerciale ingaggiata dall’amministrazione Trump: quella degli esportatori di materia prima e semilavorati. USHSLA, infatti, è l’unica che può tirare un sospiro di sollievo: in una nota dell’associazione si legge che “per fortuna la pelle non è stata ancora colpita da dazi ritorsivi da parte dei nostri partner commerciali, al momento”. I colleghi della filiera, invece, non possono dirsi altrettanto lieti. L’industria della carne, subito a monte di quella della pelle, già si confronta con le pessime prospettive sul mercato cinese. Matt Priest, ceo di FDRA (l’associazione dei produttori e distributori di calzature), invece, vede nell’escalation con Pechino un danno “per la nostra economia: sottrarrà reddito disponibile ai consumatori che invece potrebbero comprare più calzature”, una situazione insostenibile che richiederebbe, come dichiara alla stampa USA, da parte della presidenza Trump la sensibilità “di sedersi con la controparte cinese per risolvere la guerra commerciale senza che il conto da pagare rimanga ai clienti americani”. Altrettanto severo è AAFA (ulteriore sigla dell’industria della moda): questo scenario “non aiuterà in alcun modo i lavoratori statunitensi”.
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